DEGLI IMPRINTING

Se penso alla mia vita da ragazzino c’è di sicuro un luogo a cui sono legato visceralmente, un luogo che per me voleva dire al tempo e vuol dire tuttora libertà, un luogo dove per due settimane l’anno mi faceva estraniare dalla mia quotidianità, dove le frequentazioni erano diverse, dove la vita era diversa, dove la giornata e le attività che ne facevano parte erano diverse. Il luogo di cui parlo è il paese da cui proviene mio padre, un piccolo borgo nell’alto molisano chiamato Capracotta.

Io mi definisco Romano a tutti gli effetti, anche perché nasco e vivo tuttora in questa spettacolare Urbe, ma c’è una forte relazione, quasi come una catena di sentimenti e di ricordi che mi tiene legato a Capracotta. Mi definisco un bugiardo perché ogni volta che parlo di questo luogo dico ‹‹basta l’anno prossimo non ci torno più›› e puntualmente mi ritrovo se pur per pochi giorni di agosto a trascorrere una parte delle mie vacanze qui, perché in fin dei conti la verità che raccontiamo a noi stessi è diversa da quella che raccontiamo agli altri. La bugia che mi racconto più spesso è che la freneticità della città mi piace non mi pesa, ma alla fine dei conti una settimana di tranquillità in un paesino sperduto è proprio quello che mi serve dalla vita.


 Affascinante è anche la storia che racconta questo borgo sannita, una storia fatta di povertà e occupazioni naziste, una storia fatta di emigranti, una storia fatta da resistenze, una storia fatta da esecuzioni in piazza, una storia fatta da eccidi, sembra un caso ma proprio ieri 4 novembre si celebravano gli 80 anni di un grande eccidio nazista di miei due zii svoltosi in questo paese e per l’occorrenza ci sono tornato, non era in programma di parlare di questa parentesi buia in questo scritto ma dato che mi trovo qui il pensiero non poteva non essere riportato.

Quando ero piccolo ed era ancora vivo mio nonno tutti i nipoti, compreso me, la seconda settimana di agosto la passavamo a Capracotta tutti insieme, nonno Pietro ci raccontava storie su questo paese quasi come a voler lasciare un testimone alle generazioni future, questi ricordi mi balzano ancora in mente e quando ogni anno torno ogni cosa che osservo mi riportano ad un fatto.

C’è dello straordinario in quello che succede ogni anno, mi piace pensare a Capracotta come un albero e i capracottesi come le sue foglie, d’inverno l’albero perde le sue foglie infatti il paese è morto non vi è nessuno, e io questa cosa la adoro, ma d’estate orde di famiglie arrivano in massa e si anima di 5-6 mila capracottesi solo per una settimana, la cosa è impressionante, il paese implode, i bar sono pieni, le vie strabordano di persone, le case abitate durante l’anno solo dai manutentori diventano piccoli salotti aperti a tutti, dove ci sarà sempre un caffè o una bibita ad aspettarti, e guai a non fermarsi. 


Io la adoro nei periodi dove siamo solo io e lei, gli do del Lei perché la tratto come una signora anziana che ne ha vista tante ma sta ancora tutto sommato bene, mi piace passeggiare e pensare, scrivere sul mio taccuino riflessioni, fotografare e schizzare, respirare un po' di tranquillità, immagazzinarla e utilizzarla a Roma all’occorrenza. Ho bisogno di passeggiare nel bosco, ci organizziamo insieme a pochi fidati e si parte la mattina presto così per stare a casa per il caffè dopo pranzo, si chiacchera tanto, si pensa di più, e si cazzeggia quando non si ha più fiato, è questo l’iter che seguiamo, ogni volta da più di 10 anni, la semplice passeggiata non fa solo bene dal punto di vista fisico ma fa bene dal punto di vista mentale, la natura è ispirazione, è creatività, è il nulla se non hai occhio e il tutto se hai cultura.

Se c’è una sicurezza è che si inizia dall’inizio e si finisce dalla fine, quindi anche per me ora è arrivato il momento di tornare a casa. Mi dispiace andarmene ma so che è la cosa più logica da fare, i piccoli momenti importanti rimangono immortali perché sono pochi e racchiusi di significato, d’altronde se mangi la sacher tutti i giorni quando arriva la torta del compleanno perde valore. Certo dà dispiacere lasciare le piccole vie, le case in pietra, e i vecchi fuoristrada con le gomme ancora sporche di fango per tornare al Raccordo, alle case con l’intonaco a cappotto e i pannelli fotovoltaici sul tetto, e alle auto elettriche ma tutto questo fa riiniziare il conto alla rovescia per la prossima visita con questa anziana signora.

 
ELABORATO  ESPRESSIVO n.1

 
ELABORATO  ESPRESSIVO n.2



 

 

Commenti

Post popolari in questo blog

ELISA MONTESSORI e GIOVANNA DE SANCTIS RICCIARDONE

MAD ARCHITECTS e TESI di Marco Falasca